Schizzi di Cosmologia 10 – Orizzonti lontani.

Anche se l’Universo può essere senza limiti, esistono dei limiti teorici e fisici alla sua presenza nel nostro mondo. Vengono chiamati “orizzonti”, perché al di là di quella distanza non ci arriva nessuna radiazione o informazione trasportata dalle onde elettromagnetiche.

Un primo orizzonte “temporale” deriva dal fatto che, poiché guardando più lontano guardiamo indietro nel tempo, se l’Universo è nato 14 miliardi di anni fa non potremmo vedere galassie più distanti di 14 miliardi di anni luce, semplicemente perché l’universo non c’era “prima”. Sappiamo che di fatto non esisteva né il tempo, né lo spazio perché non c’era la materia prima del Big Bang. Questo è un orizzonte che non dipende dal fatto che l’Universo si espande. Col passare del tempo però questo orizzonte si allarga e nuove galassie entrano nella nostra visuale, venendo a far parte del nostro cosmo.

Un secondo orizzonte, detto Orizzonte di Hubble, deriva dal fatto che l’Universo si espande con una velocità proporzionale alla distanza. Perciò da galassie sempre più lontane riceviamo una luce a lunghezze d’onda sempre maggiori, dall’ottico alle onde radio e oltre, e sempre più fioca. In teoria – e vedremo dopo perché non è così –  i fotoni luminosi (o i pacchetti di onde elettromagnetiche) di una galassia che si muove alla velocità della luce non ci arriverebbero mai, creando quello che viene chiamato “orizzonte delle particelle”.   

Ci sono altri orizzonti definiti in cosmologia, ma essenzialmente ci basta ragionare su questi due. Ebbene questi due orizzonti in realtà sono più lontani rispetto a questo semplice calcolo, perché la velocità della luce nel vuoto è costante e non si somma o si sottrae alla velocità della sorgente rispetto a chi la osserva, ma solo nello spazio-tempo locale. Poiché lo spazio-tempo si espande, la luce percorre a velocità costante uno spazio “elastico” che si dilata ma mano che la radiazione si diffonde. Perciò in pratica noi potremmo ricevere la luce di sorgenti che appaiono muoversi a velocità maggiori a quelle della luce. Quanto più lontano sia l’orizzonte cosmico rispetto a questi semplici ragionamenti dipende dal modello geometrico dell’Universo, un aspetto che qui non affrontiamo. Quello che possiamo comprendere però è che la forza di gravità e le onde elettromagnetiche di galassie più lontane dell’orizzonte cosmico non ci arrivano mai, e perciò queste galassie non esistono per noi nel mondo fisico. Esse esistono per le galassie a loro vicine e noi non esistiamo per loro.

Concetto finale: La realtà è ciò che possiamo captare con le onde elettromagnetiche e gravitazionali, e a causa dell’età del Cosmo e della sua espansione possono esistere galassie, stelle e pianeti che non esistono nella nostra realtà fisica. Esse sono al di là dell’orizzonte cosmico.

Schizzi di Cosmologia 9 – Urca, si è spostato il Sole!

In base agli studi più recenti anche le onde gravitazionali, create dalle variazioni della forza di gravità, viaggiano alla velocità della luce come le onde elettromagnetiche. Una variazione di forza di gravità col tempo genera onde gravitazionali, rivelabili solo con grandi strumenti costruiti recentemente. Possiamo rivelare queste onde solo in caso di enormi variazioni di gravità; non è che se passa un elefante la sua variazione di massa nello spazio può essere osservata, e tanto meno un battito di ali di farfalla dall’altro lato del globo! Devono essere catastrofi come un’esplosione stellare di supernova, o di una massa stellare che cade dentro un buco nero, o due masse stellari supercompatte che si fondono insieme.

In tutti questi casi, la forza di gravità del materiale che si sparge o si condensa varia enormemente e lo spazio-tempo oscilla a frequenze di poche decine di Hertz. Per esempio, nel 2015 sono state registrate delle onde gravitazionali dovute a una fusione di due buchi neri di 36 e 29 masse solari in un unico buco nero di 62 masse solari. Un’energia equivalente all’annichilazione di 3 volte la massa del Sole si è propagata nello spazio, fino a raggiungerci dalla distanza di 1,337 miliardi di anni luce (410 Mpc) e creare un debolissimo segnale di quasi 1 micro-wattora. L’evento di fusione tra buchi neri è avvenuto quindi più di 1000 miliardi di anni fa ma è stato registrato solo nel 2015, un altro esempio di come osserviamo il passato dell’Universo. Il calcolo non è preciso ma qui ci serve solo capire le grandezze in gioco, enormi energie per un’onda gravitazionale debolissima captata a grande distanza.

Un altro esempio delle conseguenze del fatto che la velocità della luce non è infinita è il seguente: il Sole ruota intorno al centro della Via Lattea alla velocità di 220 km/s, sotto l’effetto della forza di gravità di tutta la materia che c’è tra noi e il centro galattico (stelle, nubi di gas, ecc.). La Terra, orbitando intorno al Sole, subisce la forza di gravità di un punto (il centro di gravità del Sole) che rispetto al centro della Via Lattea si sposta di 7 miliardi di km ogni anno. La variazione della forza di gravità del Sole che si sposta rispetto alla Via Lattea si muove anch’essa alla velocità della luce e negli 8 minuti impiegati dalla forza di gravità per raggiungere la Terra il centro del Sole si è spostato di 110 mila km, circa il 15% del suo raggio. Il Sole si sarà spostato invece di 1 milione di km, circa una volta e mezza il suo raggio, negli 80 minuti necessari per raggiungere Saturno. In questo esempio Saturno si muove attratto dalla forza di gravità di un punto nello spazio dove non c’è più materia!

Non solo i pianeti vedono la luce del passato del Sole, ma “sentono” anche il passato della sua forza di gravità. Strano essere attratti da un punto vuoto!

In verità ogni punto dello spazio ha una realtà fisica che dipende dai segnali elettromagnetici e gravitazionali del resto del Cosmo. Anche se dal Centro della Galassia il Sole si è spostato, dalla Terra o da Saturno il Sole è fisicamente lì dove appare. Ognuno esiste in un “suo” universo locale.

Proiettiamoci infine sempre più lontano, tra galassie distantissime che sono sempre più indietro nel tempo: la loro forza di gravità, sommata insieme, determina il movimento delle singole galassie nei gruppi di galassie e nei raggruppamenti più grandi come gli ammassi, con migliaia di membri, o gli immensi superammassi con milioni di galassie. Ogni galassia sente la forza di gravità “del suo passato” provenire da posizioni dove le altre galassie non ci sono più.  

Concetto finale: La variazione della forza di gravità si propaga alla velocità della luce e quella che misuriamo oggi per oggetti lontani proviene dal nostro passato. Siamo attratti dal passato!

Fusione di stelle a neutroni. Elaboratione di University of Warwick/Mark Garlick
Misura delle onde gravitazionali causate dalla fusione di due buchi neri, osservata il 14/9/2015 dai rivelatori LIGO ad Hanford e Livingstone (USA). Elaborazione di G. Galletta da Abbott e al. 2016 (PRL 116, 061102)

Schizzi di Cosmologia 8 – Spazio e tempo grandi amici: Archeologia del Cosmo.

La nostra interazione con il mondo passa attraverso onde elettromagnetiche, onde meccaniche e variazioni della forza di gravità, percepite dai nostri sensori biologici che sono la vista, l’udito e il tatto, i canali semicircolari per l’alto, il basso e l’accelerazione. Nello spazio, a densità di materia bassissima, le onde meccaniche come il suono non si propagano. Getti di materia come le eruzioni solari o le esplosioni di supernova possono muoversi a velocità massime di migliaia di km/s. Invece le onde elettromagnetiche (onde radio, microonde, infrarosso, luce visibile, ultravioletto, raggi X e raggi gamma) create dalle variazioni di un campo elettro-magnetico viaggiano nello spazio a una velocità altissima: 299792458 m/s, circa 300 mila km/s. Come vedremo in un’altra pagina, in base agli studi più recenti anche le onde gravitazionali, create dalle variazioni della forza gravitazionale, viaggiano alla velocità della luce. Riflettiamo innanzitutto come questa velocità, sebbene altissima, non sia infinita, e sulle conseguenze di questo fatto.

Se la velocità con cui viaggia una lettera fosse infinita, l’avremmo già sul tavolo nel momento stesso in cui il mittente ce l’ha spedita. Ma sappiamo che non è così. Se ho davanti a me una persona a 10 metri di distanza che accende una luce, io non vedrò la luce accendersi all’istante, ma dopo 33 miliardesimi di secondo. Un tempo irrilevante, vero? Questo ci spiega perché nella vita di tutti i giorni non ci importi della velocità della luce.
Ma pensiamo agli specchi lasciati apposta sulla Luna, a circa 384 mila km da noi, dagli astronauti del programma Apollo negli anni ’70. Se lanciamo verso di loro un singolo impulso laser con un telescopio, vedremo il bagliore riflesso dopo circa 2,56 secondi e potremo dire che il nostro satellite naturale si trova a 1,28 secondi-luce (2,56 diviso 2) intendendo così la distanza percorsa dalla luce in 1,28 secondi di tempo. Quindi possiamo parlare di spazio-tempo e assegnare agli oggetti una distanza di tempo-luce: una stella a 3 anni luce sarà a una distanza che la luce percorre in 3 anni, e una galassia a 1 milione di anni luce sarà a una distanza che la luce percorre in un milione di anni.

È importantissimo capire che lo spazio e il tempo sono legati indissolubilmente tra loro, poiché la nostra conoscenza del mondo si basa su radiazioni che si trasmettono alla velocità della luce. Lo spazio non può essere disgiunto dal tempo e immaginato come una cosa a sé stante, perché possiamo dire che ogni contatto che abbiamo con esso dipende dal tempo attraverso la velocità della luce.

Inoltre se vedo un oggetto distante, non lo vedo com’è ora, ma come era quando è partita la luce che mi raggiunge adesso. Quando vediamo tramontare il Sole, a 8 minuti luce, in realtà era già tramontato da 8 minuti. Se avviene un’eruzione sulla sua fotosfera, la vedrò 8 minuti dopo. E la stella più brillante del cielo, Sirio a 8,6 anni luce, la vedo come era 8,6 anni fa. La stella potrebbe avere già espulso i suoi strati superficiali creando una “nebulosa planetaria” e il suo nucleo essere già diventato una stella “nana bianca” ma noi continuiamo a vedere la sua luce emessa quando era ancora una gigante bianco-azzurra. E che dire della grande galassia di Andromeda, a 2,5 milioni di anni luce di distanza? Le foto che facciamo oggi ce la mostrano com’era 2,5 milioni di anni fa. Molte delle sue stelle possono non esistere più ed essersi evolute, ma noi le vediamo ancora com’erano quando la loro luce è partita. Quindi lo studio dell’Astronomia è come l’Archeologia o la Paleontologia, uno studio del passato del nostro Universo.

Concetto finale: lo spazio e il tempo sono legati tra loro e la nostra visione del mondo è una visione del passato, anche di millesimi di secondo. Qui e ora sono solo nel mio cervello. Più mi allontano, più vedo indietro nel tempo. E il futuro? non è raggiungibile con l’esplorazione.

Il Sole al tramonto tra le isole Eolie (Foto G. Galletta)
Galassia M31 in Andromeda (Foto Adam Evans)

Schizzi di Cosmologia 7 – E prima di noi? Capelli biondi e Big Bang.

Ci si interroga sempre sulla fine dell’esistenza, e su cosa ci sia “dopo”, mentre non ci si chiede spesso cosa c’era “prima”.

In questo caso parliamo del “prima” della nascita dell’Universo. Se vedo le luci dei fuochi d’artificio che si espandono, misurando la loro velocità posso calcolare quanto tempo prima essi erano raggruppati insieme, cioè quando c’è stato lo scoppio. Allo stesso modo, se utilizzo la velocità di allontanamento delle galassie posso calcolare quanto tempo fa tutte erano l’una attaccata all’altra, quindi quanto tempo fa è iniziata l’espansione col Big Bang, quindi quanto è vecchio l’Universo. Vi dico subito che non è facile. Le galassie non sono distribuite nello spazio come i nodi di un reticolo, tutte a uguale distanza. Essendo dominate dalla forza di gravità, hanno il dannato vizio di raggrupparsi in gruppi, ammassi di galassie e superammassi di ammassi di galassie, per rendere la vita più difficile a chi vuole studiare la cosmologia. Infatti le misure si fanno sulla luce delle stelle delle singole galassie, e ognuna di esse orbita intorno al centro del suo gruppo o del suo ammasso.  Bisogna fare la media delle velocità per dedurre la velocità di espansione di quel gruppo, se si vuole studiare l’espansione dell’Universo.  Le stime attuali ci dicono che il Big bang è avvenuto 14 miliardi di anni fa (o forse 12 o 15, come capite metodi diversi portano una grande indecisione). In ogni caso un tempo molto grande, se si pensa che la nascita del Sole risale a 4,6 miliardi di anni fa, che le rocce terrestri hanno 4,3 miliardi di anni e che le prime tracce di vita appaiono 3,95 miliardi di anni fa. A questo punto ci si potrebbe chiedere: e prima del Big Bang cosa c’era?

Ma questa domanda è sbagliata, e la facciamo perché ci hanno insegnato a scuola che esiste uno spazio a 3 coordinate (x,y,z) e un tempo che scorre (t). Un oggetto si può trovare in un qualsiasi punto dello spazio e in un qualsiasi istante di tempo. Posso immaginare pure una stanza (uno spazio) completamente vuota di materia, niente oggetti, niente aria, nulla di nulla. Nella mia immaginazione all’interno della stanza il tempo scorre lo stesso e ci sono tre dimensioni. Ma ecco la sorpresa: lo spazio e il tempo non sono entità a sé stanti, ma una proprietà della materia. NON ESISTONO se non c’è materia. Si capisce che io non posso dire quanto largo o lungo è il vuoto, o quanto tempo passa se non ho un fenomeno fisico legato alla materia o alla radiazione. Un insieme di gas che si espande, prima più piccolo e poi sempre più grande, mi indica che passa il tempo. Una radiazione emessa dalla stella che si diffonde nello spazio mi indica che il tempo passa. Ma il vuoto no. Quindi: La materia genera attorno a sé lo spazio e il tempo, e lo deforma rispetto allo spazio e il tempo a grandi distanze, dove la curvatura è minore, come nelle immagini.

Lo spazio e il tempo sono proprietà della materia, come il “biondo” o il “nero” sono una proprietà dei capelli, o il sud e nord sono una proprietà delle latitudini terrestri. Come posso dire che un calvo è biondo o bruno? E cosa c’è più a sud del polo sud? La domanda perde di significato e ci fa comprendere il limite del ragionamento comune. Come vedremo, nel Big Bang c’è una grande concentrazione di energia, ma non c’è materia, né spazio né tempo. Lo spazio e il tempo, ma anche la forza gravitazionale, elettromagnetica e altre forze nascono con la nascita della materia.

Concetto finale: Lo spazio e il tempo nascono dopo il Big Bang. Non ha senso chiedersi cosa c’era “prima”.

Schizzi di Cosmologia 6 – Il centro dell’Universo.

Nell’antichità si credeva che la Terra fosse al centro dell’Universo perché si vede il Sole, la Luna, i pianeti e le stelle fare un giro più o meno lungo sorgendo e tramontando sul nostro orizzonte. Poi si è capito che il Sole è al centro del Sistema Solare e che le altre stelle orbitano intorno al centro della Via Lattea. Ma se tutti i gruppi di galassie si allontanano da noi, siamo allora di nuovo al centro dell’Universo? Riprendendo l’esempio immaginario della stanza col pavimento in espansione, in una classe ogni studente e la maestra vedranno gli altri nella stanza allontanarsi in tutte le direzioni, lunghezza e larghezza. Ognuno di essi potrebbe credere di essere al centro dell’espansione.

Ma questo è proprio l’effetto dell’espansione dello spazio in cui gli oggetti sono fissi nel loro volume di spazio e nessuno tra quelli che osservano il fenomeno è al centro. Tornando all’esempio del palloncino (o della sfera) dove i singoli punti disegnati sulla superficie si allontanano tra loro mentre si gonfia, sulla sua superficie a 2 dimensioni non esiste un centro, come non esiste un limite. Centro e limite, in questo esempio si trovano nella quarta dimensione. Ma l’esempio è solo approssimato. Io posso immaginare una superficie infinita che si espande senza un centro preciso. Posso anche immaginare come per una sfera una superficie finita (non infinita) che si espande pur non avendo confini, e così il nostro Universo non ha un centro ma ogni punto nello spazio può essere visto come un centro apparente di espansione.

Concetto finale: Né la Terra né il Sole o la Via Lattea sono al centro dell’Universo. Non esiste un centro dell’Universo. Pensando che fossimo al centro del Cosmo gli antichi saggi avevano torto.

Schizzi di Cosmologia 5 – Pianeti flambé.

Perché il cielo notturno è buio? Se l’Universo fosse infinito e statico, ci sarebbero infinite stelle e galassie che ci invierebbero una luce e un calore infinitamente grande. Finiremmo tutti flambé, come un piatto alla fiamma. Anche se le stelle più vicine nascondessero quelle più lontane, arriverebbe così tanta luce da abbagliarci. E anche se ci fossero delle nubi di polvere a proteggerci, prima o poi esse si riscalderebbero fino a evaporare, lasciando passare tutta l’energia dallo spazio esterno. Questo dilemma fu enunciato per la prima volta nel ‘600 da Keplero e ripreso più tardi da Olbers nel 1826. Esso è noto infatti come il Paradosso di Olbers.

Quando si scoprì che le stelle della Via Lattea non sono infinite il problema sembrò risolto, ma la scoperta che le galassie sono altre “vie lattee” in un numero grandissimo ripropose il dilemma: perché il cielo di notte è buio e noi non bruciamo? L’energia trasmessa nello spazio ha un’intensità che diminuisce col quadrato della distanza: a distanza doppia, è 1/(2*2)=1/4; a distanza tripla è 1/(3*3)=1/9 e così via. Però il numero di galassie alla stessa distanza può aumentare con il quadrato della distanza (è la superficie di una sfera!). Così il contributo diventa costante (uno decresce e l’altro cresce col quadrato della distanza) e alla fine si arriva al solito patatrac teorico: avremmo luce infinita!

Ma l’espansione dell’Universo risolve questo problema. Infatti per l’effetto Doppler-Fizeau non solo la luce si sposta verso il rosso ma diminuisce velocemente anche in intensità. In base ai calcoli fatti dai cosmologi misurando la luce del fondo del cielo notturno e modificando il numero di galassie che vi contribuiscono, alla fine la somma (l’integrale) di tutti questi contributi di energia si traduce in una luminosità di fondo molto bassa. Quindi le galassie più lontane fanno una luce più fioca e sempre più spostata verso il rosso, l’infrarosso e le onde radio.  Proprio per studiare con maggiore facilità l’Universo lontano, il nuovo telescopio Webb della NASA ha strumenti sensibili all’infrarosso e la grande batteria di radiotelescopi a microonde ALMA dell’Osservatorio Europeo (e non solo) ha ricevitori che osservano a maggiori lunghezze d’onda.

Oltre ad essere figli delle stelle, che hanno fatto i nostri elementi chimici, esistiamo perché l’Universo si espande. Visto che siamo sul web, so con questa affermazione di far contente le mie amiche che credono in una grande corrispondenza tra microcosmo (noi) e macrocosmo (Universo), anche se io non ci credo.

Concetto finale: Grazie all’espansione dell’Universo non siamo cotti e stracotti.

Schizzi di Cosmologia 4 – Confini ed esseri piatti

Un altro esempio di espansione in cui i singoli oggetti si allontanano gli uni dagli altri è quello di puntini disegnati su un palloncino che si gonfia. Ogni punto si allontana dagli altri perché il tessuto su cui sono disegnati si allarga. E qui dobbiamo fare un salto di fantasia. I puntini disegnati sono oggetti a due dimensioni, lunghi e larghi ma non alti. Se noi fossimo piatti come un foglio, il nostro universo sarebbe a 2 dimensioni: lunghezza e larghezza. Per far gonfiare un palloncino io ho bisogno anche di una terza dimensione, quella in cui il palloncino si curva. Perciò se noi vediamo il mondo a 3 dimensioni (lunghezza, larghezza e altezza, dette in geometria x,y,z), la curvatura del nostro “palloncino che si gonfia dobbiamo immaginarla in una quarta dimensione. Eh già, ma com’è fatta una quarta dimensione, che non si può vedere né esplorare? Possiamo solo immaginarla o descriverla matematicamente. La sua esistenza è dedotta dalle nostre osservazioni del cosmo.

Benissimo, ora immaginiamo di essere piatti e di trovarsi su una sfera in espansione. Possiamo muoversi sulla sfera lungo la sua superficie e non trovare mai la “fine” del nostro universo piatto. Il palloncino non è infinitamente grande, tuttavia non ha un confine, un bordo fisico. Così possiamo comprendere che può esistere un cosmo finito (non infinito intendo) ma illimitato, in cui si può tornare al punto di partenza dopo un percorso lungo. Moooolto lungo nel caso del nostro Universo, sempre in teoria. Vedremo che il “confine” non fisico della nostra esplorazione, detto “orizzonte” finisce prima. Ma questa è un’altra scheggia di cosmologia.

Concetto: Non è necessario che l’universo sia infinito, per non avere confini.

Schizzi di Cosmologia 3 – Lievito e tapis roulant

Immaginiamo di essere seduti in soggiorno con le cuffie, ascoltando musica. Alzando gli occhi verso la finestra, vediamo un “fiore” di fuochi d’artificio, con le traiettorie luminose che si espandono. Ci rendiamo conto che qualcuno ha fatto esplodere un razzo pirotecnico ma noi non abbiamo sentito il botto perché avevamo le cuffie e ora stiamo vedendo i frammenti luminosi in espansione. Così se oggi vediamo le galassie che si allontanano le une dalle altre capiamo che in passato c’è stato qualcosa di simile a un’esplosione, ma con grandi differenze dall’esempio dei fuochi d’artificio.

Una prima differenza è che le galassie e i gruppi di galassie non si allontanano muovendosi in uno spazio passivo, ma stano ferme nel “loro” spazio, tenute insieme dalla forza di gravità della materia che le compone. Invece è proprio lo spazio a grande scala in cui si trovano ad espandersi, come un pavimento che si allarga o un dolce che lievita in forno gonfiandosi. Le uvette del dolce, che prima si trovavano l’una vicina all’altra, si allontanano fino alla completa cottura del dolce. Questo spiega la legge di Hubble-Lemaître, secondo cui ogni galassia si allontana con una velocità proporzionale alla distanza. Se fossero le galassie a muoversi in uno spazio passivo, le loro velocità potrebbero essere quasi costanti, come un flusso di auto che corrono in autostrada, o viceversa distribuite a caso come le particelle di un gas che si muovono in tutte le direzioni. Questo tapis roulant a tre dimensioni è difficile da immaginare ma se pensiamo a un cinema con tante persone sedute sulle proprie sedie e il pavimento che si espande, possiamo capire perché la velocità di allontanamento sia proporzionale alla distanza. Facciamo l’ipotesi che il pavimento si espanda a 1 m/s. La prima fila di sedie vedrà la seconda fila che si allontana a 1 m/s; la seconda fila vedrà la terza fila che si allontana a 1 m/s, ma la prima fila vedrà la terza fila che si allontana a 1+1=2 m/s e così via per ogni fila di sedie sempre più lontane. La decima fila vista dalla prima si allontanerà a 9 m/s e così via. Ecco che, se è l’intero spazio cosmico a espandersi in tutte le direzioni, con i gruppi di galassie imperniati nel loro volume di spazio locale, le velocità che osserviamo saranno proporzionali alla loro distanza da noi. Si muove lo spazio e non le galassie!

Concetto: Lo spazio si espande e non gli oggetti all’interno di uno spazio passivo.

Crediti: foto di David Dilbert

Schizzi di Cosmologia 2 – Big Bang, che scoppio!

All’inizio del ‘900 non si sapeva ancora che le galassie fossero sistemi di stelle, gas e polveri simili alla Via Lattea. La loro natura è stata rivelata misurando la distanza di quelle più vicine attraverso lo studio di stelle variabili di luminosità nota. Con le prime osservazioni, Slipher e Hubble trovarono che le galassie esterne mostravano uno spostamento verso il rosso nella lunghezza d’onda delle righe spettrali dei loro elementi chimici (red shift). Questo redshift lo osserviamo nella vita comune, nel suono di un’ambulanza e nelle misure dell’autovelox, come risultato dell’effetto Doppler nel suono ed effetto Fizeau nella luce. In genere si parla di effetto Doppler-Fizeau. Anche per le galassie si è fatta l’ipotesi che il redshift sia dovuto alla loro velocità di allontanamento l’una dall’altra.

A questo punto l’astronomo e abate belga Lemaître nel 1927 comprese che il redshift osservato fosse la prova di una espansione cosmica a partire da quello che lui chiamò “atomo primigenio”. Trovò una relazione tra la velocità misurata e la distanza. Ma il suo articolo in francese non venne letto negli USA e nella traduzione in inglese fatta da Eddington questa teoria venne omessa. Fu pubblicata da lui nel 1931 in inglese sulla rivista Nature. Nel 1929 quando Hubble formulò la sua legge con la relazione tra la velocità misurata e la distanza non citò Lemaître e per anni si parlò di “Legge di Hubble dell’espansione dell’Universo”, ribattezzata dall’Unione Astronomica Internazionale come “Legge di Hubble-Lemaître”, rendendo il merito della scoperta anche a Lemaître. La teoria dell’atomo primigenio fu chiamata dal Hoyle “Teoria del Big Bang”.

Composizione di G. Galletta

Schizzi di Cosmologia 1

Schizzi di cosmologia

In diverse pagine di Facebook ci sono informazioni astronomiche. Alcune sono così buone da convincermi a non pubblicare novità astronomiche per non creare inutili doppioni. Tuttavia nei commenti di queste notizie intervengono persone, anche in buona fede, che hanno visto un documentario o letto un articolo sull’argomento e scrivono cose inesatte. Sarebbe inutile che io intervenga a correggere questi commenti, sia per non invadere le bacheche altrui, sia per non aprire una discussione senza fine. Personalmente credo che Facebook , Instagram, Twitter, e altri non siano il posto adatto alla didattica astronomica. Nelle spiegazioni, ogni concetto nuovo si basa sulla conoscenza di altri concetti che chi impara deve già sapere, o avrà probabilmente una convinzione inesatta, una conoscenza che io chiamo a macchie di leopardo. Parlare della sonda spaziale Galileo inviata su Giove suppone che chi legge sappia cosa sia una sonda spaziale, chi sia Galileo e cosa abbia avuto a che fare coi satelliti di Giove. Se non vi siete annoiati fin qui, vi dico che vorrei pubblicare degli appunti di cosmologia. Parlare di pillole di cosmologia è troppo presuntuoso, come pretendere di curarvi. Li chiamerei “schizzi di cosmologia” e per annoiare chi legge non ne farei più di uno alla settimana. Del resto, nessuno è obbligato a leggere quello che scrivo.

Immagine di un ammasso di galassie (Abell 1689 – Hubble Space Telescope – NASA)

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